La Critica
La Critica
A un certo punto del dialogo, Cerasoli – con quella sua aria di uomo con la coscienza tranquilla – mi disse pianamente: “ Creda, io non ce l’ho con nessuno. Quando si parla di mistificatori, piuttosto che di artisti in buona fede, io penso che l’alternativa sia di facile soluzione. L’odierna situazione delle arti rivela incertezza e, in un certo senso, sospensione del giudizio, cioè mancanza di impegno nella ricerca di una nostra attualità. La ricerca artistica non può comunque non essere sperimentale, ma non deve diventare mai sperimentalismo fine a se stesso, cioè atteggiamento, tendenza. La ricerca creativa è determinata dalla necessità e rifugge sempre dall’ambiguità e dalla confusione. L’equivoco di molta avanguardia odierna consiste proprio nel confondere gli atti e i mezzi della ricerca coi risultati artistici resi ambiguamente fluttuanti e intercambiabili, sostituzione vera e propria della creatività col puro feticismo dell’estemporaneo”. Nessuna preclusione preconcetta, dunque, contro i modi e le tecniche espressive, nessuna pretesa di demolire i valori intrinseci dell’informale o dell’astrazione, di cancellare i contenuti di tutti i movimenti che hanno avuto un senso e una ragione proposti dall’evoluzione dei tempi, dall’esasperazione del macchinismo a danno del concetto di umano. L’equivoco al quale ci dobbiamo opporre, se vogliamo preservare dal caos valori e contenuti, è di smascherare giovani, e meno giovani, che si rifugiano in invenzioni assurde, indecifrabili e opache, annunciando che tutto il resto (compresi Rembrandt, Goya e Caravaggio) è superato.
Ma torniamo al nostro onesto, semplice e pulito Cerasoli, alla sua pittura densa di significati umani e sociali, meditata, sofferta. E insisto su questo punto, perchè Cerasoli non si limita a narrare, ad esporci una realtà obiettiva. E’, il suo, un atto di amore. E lo si avverte per quell’indefinibile senso di amarezza, di mancato appuntamento con un destino migliore, che pervade gran parte della sua opera pittorica. Gli ho chiesto, successivamente, se è vero ch’egli abbia una predilezione per il nudo. Mi rispose: “Non si tratta di una semplice predilezione, bensì di un qualcosa di più perchè il nudo è il più schietto dei linguaggi, più difficile ad esprimere, ma, certamente più profondo e più vero”. Come veri sono le sue rocce e le sue marine, i suoi monti aridi e battuti dal vento, le sue figure scavate nel fondo. Il segno è incisivo, fluido, balzante. Vi si avverte un che di scultoreo, di bloccato, come in taluni dipinti di Gianni Dova, ove la materia tradisce qualcosa di fisico, di tangibile, come un bronzo, che vorresti toccare con mano per accertare la sensazione. Chissà, forse entrambi sono anche scultori, e non lo sanno… Un pittore, devo aggiungere, che è balzato alla notorietà soltanto per meriti propri, un artista allo stato puro, estraneo ai clamori contestatori, ma soprattutto un uomo al servizio dell’arte. E questo, penso, sia oggidì un privilegio di pochi eletti: i pochi che ancora ci confortano perchè non cadano le ultime illusioni.